Tango

A me la musica m’ha sempre accompaganta.

Sempre.

Arriva per gradi.

La melodia m’incanta, ma se m’incanta è perchè il subconscio ha percepito qualcosa.

Che io lascio sempre decantare.

Inizio ad ascoltare, becco il ritornello, cerco di carpire qualche informazione, in una sorta di progettazione a ritroso.

Quando ormai non posso fare a meno di mandarla in loop, mi concedo il “vezzo” di dar ragione alla mia (egocentrica) sfera razionale.

Questo, per quanti mi conoscono, non è qualcosa di nuovo, soprattutto in periodo post festival (o festivàl), che, a mio avviso è stata, è e sarà per sempre una bellissima fiera della fauna umana, nonché un bellissimo specchio di quello che viviamo.

L’ultima affermazione presuppone che non sempre ciò che viviamo sia positivo, ma, come ripeto sempre, l’importante è la consapevolezza del vissuto, chè si sa, è, di per se, il primo passo per sentirsi vivi.

Stavolta ero a letto. Stravolta da un periodo di corse in lungo e largo per l’Italia, guardavo il festival con la vana (e poi puntualmente) disattesa speranza di un sonno ristoratore.

La musica è arrivata, dolcemente. Intanto m’ha colpito la provenienza, chè veniva da un cantante di tormentoni estivi, e poi m’ha di nuovo colpita per la facilità con cui le parole uscivano dalla bocca, quasi come nei cantanti d’altri tempi, quelli che, per intenderci, hanno fatto l’iconografia di un bel canto, di Sanremo e del nostro bel paese.

La ho “sentita” durante tutte le sarete del festival, poi, questa mattina, in macchina, andando a scuola (la maestra sono io ndr, non iniziate a prendermi in giro), ho deciso di “ascoltarla”, per far quadrare cuore e ragione, dato che il cuore spingeva troppo per capire.

E’ arrivata, mamma mia se è arrivata.

Come l’onda che sbatte sullo scoglio e si innalza, impetuosa e libera. Sono arrivate le parole, le immagini del video, i brividi, il senso e l’orrore di quello che stavo ascoltando.

Immagino che abbiate capito di cosa parlo e che, se sento la necessità di scriverne è perché il significato di questo brano trascende i nostri anni, si àncora al passato e rimarrà memento del futuro, senza alcuna pretesa di insegnamento (che si sa gli uomini non impareranno mai dai propri errori), ma con la voglia di racconto.

La canzone è citata nel titolo, il delicato e bellissimo racconto di una famiglia Ukraina, che ci ricorda di quante persone sono ancora lì, a sperare in in un futuro migliore, in un “lunedì” che nessuno sta vedendo arrivare e in tante, troppe persone separate da tempo e che non vedono la fine di questo infinito ed inutile guerrigliare.

Mentre guidavo (e un pò piangevo, chè, si sa, io c’ho la lacrima facile ed il rubinetto difettoso), ho immaginato e sentito nella mia testa milioni di ragazzi, alunni, studenti, inneggiare e cantare un NO alla guerra sulle note di questa canzone e mi sono emozionata. Tanto.

E ho fatto andare, andare, andare e andare la canzone, una, due, venti volte, chè la melodia la ho in testa come una vecchia nenia di paese, come se la conoscessi da sempre, come se m’avesse scelta per farsi raccontare.

Io non so se davvero c’è un Dio che balla un Tango, ma so di certo che, se lo sta facendo, sta, forse, sbagliando palcoscenico.

Io non oso immaginare cosa voglia dire aspettare “quel” lunedi, io che m’immalinconisco se lascio i bambini a scuola, chè già otto ore sembrano tante alla mia anima.

Io non lo so cosa è la guerra.

La conosco nelle definizioni, nei racconti storici, per studi, per vissuti narrati, ma, IO, non so cosa è la guerra e per questo ringrazio ogni giorno Iddio, chè una delle mie più grosse paure, sin da bambina, è stata quella di dover vivere la guerra, cani che si sbranano intorno ad un osso e uomini che di tale nomenclatura hanno, di fatto, la nomenclatura.

Per un istante ho chiuso gli occhi, ho sentito una primavera che, lì, non c’è stata, una estate buttata, un autunno struggente ed un inverno che non vede il futuro di una rinascita.

E se io fossi qualcuno, qualcuno che può, un maestro di una orchestra più grande, prenderei quella canzone, prenderei tutti i nostri ragazzi e, in piedi, di fronte al sole morente e nel corso di una notte senza stelle, farei cantare in loop, a voce sempre crescente, il testo di questa canzone, in un coro infinito, per augurare la vita, la fine della guerra e l’arrivo del lunedi.

E ve lo auguro, ragazzi, di potervi incontrare, tutti, e guardare il calendario, e gridare al mondo che, finalmente, quel lunedi è arrivato. Un dolcissimo lunedi, che segna la fine di un orrore e inizia a generare quel meraviglioso processo di elaborazione di un lutto infinito, che porterà a saper ingoiare, almeno in parte, un pò di dolore.

Non c’è un amore senza una ragazza che pianga
Non c’è più telepatia
È un’ora che ti aspetto
Non volevo dirtelo al telefono
Eravamo da me, abbiamo messo i Police
Era bello finché ha bussato la police
Tu, fammi tornare alla notte che ti ho conosciuta
Così non ti offro da bere e non ti ho conosciuta
Ma ora addio, va bene amore mio
Non sei di nessun altro
E di nessuna io
Lo so quanto ti manco
Ma chissà perché Dio
Ci pesta come un tango
E ci fa dire
Amore tra le palazzine a fuoco
La tua voce riconosco
Noi non siamo come loro
È bello, è bello, è bello
È bello stare così
Davanti a te in ginocchio
Sotto la scritta al neon di un sexy shop
Se amarsi dura più di un giorno
È meglio, è meglio
È meglio che non rimani qui
Io tornerò un lunedì
Come si salva un amore se è così distante
È finita la poesia
È un anno che mi hai perso
È quel che sono, non volevo esserlo
Eravamo da me, abbiamo messo i Police
Ridevamo di te che mi sparivi nei jeans
Tu, fammi tornare alla notte che ti ho conosciuta
Così non ti offro da bere e non ti ho conosciuta
Ma ora addio, va bene amore mio
Non sei di nessun altro
E di nessuna io
Lo so quanto ti manco
Ma chissà perché Dio
Ci pesta come un tango
E ci fa dire
Amore tra le palazzine a fuoco
La tua voce riconosco
Noi non siamo come loro
È bello, è bello, è bello
È bello stare così
Davanti a te in ginocchio
Sotto la scritta al neon di un sexy shop
Se amarsi dura più di un giorno
È meglio, è meglio
È meglio che non rimani qui
Io tornerò un lunedì
Ma non è mai lunedì
Qui non è mai lunedì
Amore, tra le palazzine a fuoco
La tua voce riconosco
Noi non siamo come loro
È meglio, è meglio
È meglio che non rimani qui
Io tornerò un lunedì
Ma non è mai lunedì

A me la musica m’accompagna.

Da sempre e per sempre. Questa spero mi lasci presto, e che rimanga un ricordo di un febbraio lontano, un febbraio che fa già da anniversario di un anno di orrori e paura, bambini che piangono, ragazzi che si separano e famiglie distrutte.

Spero che mi lasci e che resti solo un bellissimo racconto, delicato e leggero, di questo bravissimo e dolcissimo ragazzo, che ha toccato con voce e melodia, una realtà che ci appartiene, ma dalla quale fuggiamo, fingendo che la sua durata sfoci in una sorta di “quotidiano accettabile” dal quale, dobbiamo, invece, assolutamente fuggire, rifuggire e che dobbiamo combattere.

(maestra) Nazaria

6 pensieri su “Tango

  1. La dolcezza, la malinconia, il garbo e l’educazione dell’interpretazione sono entrate nel cuore anche a me e quella che potrebbe sembrare una canzone ruffiana alla fine è il simbolo di tutte le atrocità umane, di tutte le famiglie spaccate da guerre inutili, liti che i potenti mettono in atto sulle vite altrui, in qualunque luogo esse vengano innescate. Direi che questo bellissimo ragazzo si sia riscattato molto bene rispetto all’anno scorso.
    Un caro saluto,
    Tatiana

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