Pensieri vaghi

https://m.youtube.com/watch?v=MYSVMgRr6pw

Le note sono arrivate senza che lo potessi prevedere, in fila ad un maledetto semaforo, mentre mi chiedevo che male avessi fatto per meritare il flagello del freddo invernale. Gli occhiali si stavano appannando e la macchina stentava a scaldarsi. Continuavo a cercare convulsamente in radio qualcosa da cantare per distrarmi.
E mentre arrabbiata e stanca, ero ferma a quel semaforo, una mano ha bloccato il mio polso e la musica in un attimo ha trafitto il mio cervello, lo ha avvolto, stordito, intrappolandolo in una strana morsa da cui ho faticato a liberarmi.
La musica è scesa al cuore, rapidamente. Una discesa libera, da pazzi sulla neve, mentre ti accorgi che sta già diventando ghiaccio. E poi si è schiantata tra le costole invadendo la trachea, per riscendere come liquido bollente nei polmoni.
Un istante.
Solo uno.
I giorni sono scivolati sopra quella emozione rimasta sospesa, fino alle prime luci di questa stanca giornata di festa, che mi hanno buttata fuori dal letto con una atroce emicrania.
Mi sono chiesta cosa avesse catturato la mia attenzione in quei pochi frammenti di istante.
Ho pensato ad una cosa che mi è stata detta, qualche tempo fa, e che nello specchio del caffè, recitava più o meno che il silenzio è l’espressione dell’inesprimibile. Laddove non arriva il silenzio c’è solo la musica.
Ho sorriso e ho cercato quelle note, solo per capire cosa volessero dirmi.
Nulla arriva per caso. La musica con me fa così. Mi afferra e mi trascina con se, poi mi incatena in una spirale senza fine e mi rilascia, senza respiro, solo dopo avermi detto davvero quello che aveva intenzione di dirmi fin dall’inizio. Ma non ha mezzi termini. Deve stravolgermi.
Così ho ascoltato e riascoltato il brano ed ho guardato il video. Ancora, ancora e ancora.

Ed ora sono ferma qui.
Da molto, e non so andare avanti.
Guardo le ultime luci di queste feste che stanno già scivolando nell’oblio. Mi alzo, di tanto in tanto. Poi torno a sedermi, mi faccio mille domande.
E osservo l’uomo, l’essere umano.
Nel suo eterno contrasto con se stesso. E rifletto.
Non c’è peggior nemico per un uomo di un uomo stesso. La sua cattiveria, quando gli si rigira contro, produce più veleno della peggiore delle serpi.
Approfondire le immagini del video? No, grazie. Non è quello che voglio.
Sto cercando di trascrivere una sensazione.
Di stereotipi ce ne sono troppi e non è la situazione in se che mi ha trascinato in questo misto di rabbia, angoscia e tristezza.
Non voglio partecipare a questa fiera. Non è il mio compito. Non possiedo definizioni sufficienti per parlare con competenza.
Io ho solo avuto freddo, solo questo avevo bisogno di dire, tra queste strane parole confuse che spingono per uscire e che si fanno spazio tra lacrime che non mi spiego.
Ho avuto freddo.
Un freddo che nasce da dentro, da quegli spazi in cui non eravamo ancora cellula, da quei momenti in cui, organismi unicellulari, abbiamo iniziato a dividerci, in unità gemelle, per dare la vita a questo relitto in cui ormai ci muoviamo.
La differenziazione è arrivata molto dopo.
Specializzazione. Così si chiama. Non è una scala di valori, una gerarchia, una dannata classificazione piramidale. È semplicemente una efficiente distribuzione dei compiti in maniera che l’organismo di appartenenza ne tragga il maggior vantaggio possibile.
E quindi la domanda, che si attorciglia tra le mie mani e cerca spazio tra queste righe: a cosa serve l’altro?
Non cerco risposte scientifiche, psicologiche, pseudo-filosofiche.
La mia è semplice.
Ma è MIA.
L’altro serve ad essere noi stessi. A riconoscersi, a capire come si è fatti, a capire che si è come chi si ha di fronte.
Non importa, sapete, se si tratta di uomo o donna.
Siamo noi in un altro. Ed un altro è se stesso in noi.
Mi basta solo questo. E vorrei potesse bastare a tutti.
Ma so già che la tristezza verrà a letto con me, stasera.
L’essere umano creerà sempre una serie di falsi miti in cui muoversi ed all’interno dei quali demonizzare alcune categorie piuttosto che altre.
Mi stringo nelle spalle, le lancette scivolano nel buio che diventa sempre più fitto.
Non succederà mai.
La sospensione del giudizio. La considerazione della persona in se e non in base a quello che noi ci aspettiamo sia.
Spengo la luce, mi trascino la copertina sul letto, per sentire meno freddo, e cerco di pensare che in fondo il semplice essere uomini ci da il diritto di sognare un momento diverso.
Non caratterizzato.
Diverso.
Ma dove diverso non sia, in qualche strano e assurdo modo, collegato con uguale, o, in accezione latina e più pertinente, “omo”.

23 pensieri su “Pensieri vaghi

  1. Scusi dottoressa, forse che nella sua macchina c’è un diffusore di deodorante alle Erbe (illegali)? Minchia, se è questo l’effetto bisogna toglierlo dal commercio. Comunque ti consiglio un ottimo CD da ascoltare in auto: FTSC, che sta per Father (little)Tony Sexy Compilation. Vedrai che sensazioni illegali riesce a richiamare: roba da confessione urgente e penitenza seria.

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    • Nella mia macchina il diffusore di aromi (Hello Kitty ndr) assolve egregiamente alla sua funzione (profumo di fragola che non ti dico…!!!!).
      L’unico diffusore alterato sembrerebbe essere quello dei feromoni umani. La predominanza do fattori di esclusione all’interno di gruppi “sociali”, è talmente tanto alta che devo giocoforza pensare (o sperare) che ci sia una alterazione di natura chimica.
      Esseri senzienti e dotati (si dice) di intelligenza, non possono comportarsi in siffatto modo.

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